martedì 29 settembre 2015

"Non permettere più che questo avvenga": satira, dissenso e opposizione

C'è un Viandante Male Informato che imbocca una stradina secondaria per raggiungere il mare. Mentre percorre a passo d'uomo (per non stressare le sospensioni) la via sterrata in mezzo agli uliveti, entra nel raggio visivo di un Bifolco Cazzaro. Il Bifolco Cazzaro guarda malevolo la vettura, presentendo chissà quali cattive intenzioni del guidatore. In particolare, è preoccupato dagli eventuali futuri nocumenti che potrebbero derivargli dal passaggio del Viandante Male Informato per quella stradina sterrata che scorre in prossimità dei suoi uliveti. Al che, per prevenire qualsivoglia danno, il Bifolco Cazzaro si mette a gambe larghe in mezzo alla via e brandisce il forcone verso la vettura. Il Viandante Male Informato inchioda. Abbassa il finestrino e domanda lumi. Il Bifolco Cazzaro sbraita: ma non sa il Viandante Male Informato che questa è una stradina privata? Onestamente no. Anche perché non è vero. E ancora, il Bifolco Cazzaro: non sa il Viandante Male Informato che chi passa senza autorizzazione da questa strada rischia una multa di millemila euro, cinque anni di galera e venti frustate? Ancora, il Viandante Male Informato non lo sa. E in effetti dubita anche che sia vero: segnali di proprietà privata non ne ha visti, divieti di transito neppure, passaggi a livello ringhiere recinzioni steccati reti palizzate fili spinati nemmeno. Non sapeva che passare di lì fosse proibito e soprattutto non sapeva che la pena commisurata fosse quel popò di pena annunciata dal Bifolco Cazzaro. Ma, dal momento che sa di essere Male Informato, il Viandante tentenna. Anzi, chiede pure scusa. Ingrana la retro e sparisce all'orizzonte in un nugolo di polvere, con gran soddisfazione del Bifolco Cazzaro che torna placido a badare alle proprie olive.

Ecco, un fatto del genere è successo alla Rai e a Fedele Confalonieri.

Il 16 novembre 2003 va in onda su RAI 3 la prima puntata di "Raiot - Armi di distrazione di massa", programma di satira condotto da Sabina Guzzanti. In questa prima puntata, la Guzzanti fa qualcosa che in pochi avevano avuto l'ardire di fare: tocca questioni realmente spinose per il capo del governo italiano, Silvio Berlusconi, invece di inserirsi nel rassicurante flusso della satira di regime, che non interroga realmente il personaggio ma lo canzona simpaticamente, umanizza e perfino un po' lusinga, tra una battuta sull'altezza e un'allusione alla frenetica attività sessuale.
In Italia il capo del governo controlla la programmazione della tv di Stato. All'epoca dei fatti, Silvio Berlusconi però non era solo il capo del governo, era anche il padrone di Mediaset, azienda che aveva e ha il controllo di tre reti televisive private di livello nazionale. Traducendo in pratica: se il proprietario delle reti televisive private è al contempo capo del governo, controlla l'intero spettro della televisione italiana.

Tornando a Raiot, dopo la messa in onda della prima puntata il programma viene sospeso dal Cda della Rai. Il motivo? Mediaset (nella persona di Fedele Confalonieri) aveva incassato malvolentieri gli espliciti riferimenti della Guzzanti ad alcune attività illecite di Berlusconi e conseguentemente querelato la Rai per diffamazione, chiedendo poco meno della testa della Guzzanti: 20 milioni di euro di danni. La Rai senza batter ciglio (e sopratutto senza verificare se le accuse siano fondate) si sottomette al volere pretenzioso di Mediaset.
Il Presidente del Consiglio non è sempre ricorso a simili sotterfugi per interposta persona al fine di censurare le voci a lui sgradite. Pochi mesi prima della sospensione di Raiot, mentre si trovava a Sofia, aveva sentenziato il cosiddetto editto Bulgaro:

«L'uso che Biagi... Come si chiama quell'altro? Santoro... Ma l'altro? Luttazzi, hanno fatto della televisione pubblica, pagata coi soldi di tutti, è un uso criminoso. E io credo che sia un preciso dovere da parte della nuova dirigenza di non permettere più che questo avvenga.»

Con l'editto Bulgaro sono scomparsi gli ultimi spiragli di libera informazione sulla tv di Stato. Come fa notare la Guzzanti nel suo documentario "Viva Zapatero", le questioni politiche vengono affidate a giornalisti che in realtà non fanno domande e a Bruno Vespa (che rientra in una categoria tutta sua), mentre gli approfondimenti televisivi vengono dedicati alla cronaca nera, al gossip, alla madonna che piange sangue e alle ricette di cucina.

Tipico programma di approfondimento politico post-editto bulgaro.

Flashback.

Negli anni Ottanta Silvio Berlusconi era solo un povero imprenditore milionario, molto triste perché la magistratura voleva impedire che le sue reti televisive trasmettessero a livello nazionale, basando il proprio diniego sull'insana pretesa del monopolio di Stato. Il povero imprenditore milionario non era ancora entrato in politica, e l'unico modo per eliminare quell'illiberale invenzione comunista era affidarsi al fraterno amico Bettino Craxi (all'epoca Presidente del Consiglio). Bettino non perse tempo ed emanò i cosiddetti (e cosiffatti) "decreti Berlusconi".
Faziosamente chiamati "Berlusconi" ma ovviamente non correlati in alcun modo a Silvio Berlusconi, tali decreti permettevano per la prima volta in Italia ai privati di far trasmettere le proprie reti televisive a livello nazionale. Il monopolio soccombe e nasce il libero mercato televisivo. Libero davvero, perché sottrae i maggiori mass media all'invasiva e pervasiva autorità dello Stato, dando in cambio voce a chiunque. O almeno a chiunque sia così ricco da potersi permettere almeno una rete privata, tanto che ad oggi tra i beneficiari dei suddetti decreti non si annoverano ancora né una casalinga di Treviso, né un bracciante lucano, né un pastore abruzzese.

Ritorno al presente.

Per quanto riguarda la richiesta di risarcimento di 20 milioni di euro, la procura di Milano giudica le accuse della Mediaset infondate perché quanto detto durante la puntata di Raiot non era diffamatorio ma rispecchiava pienamente la realtà. Gli accusatori sono rimasti contenti lo stesso, perché in fin dei conti il Bifolco Cazzaro non avrebbe tratto una godimento particolare nell'infliggere venti frustate al Viandante Male Informato: gli bastava che nessuno percorresse la strada che costeggiava il suo uliveto. Chiusa la trasmissione, che la pretesa del risarcimento fosse infondata non importa più a nessuno, dal momento che evidentemente esso non era il reale obiettivo, quanto un pretesto. Non ci si scusa con la Guzzanti, non si riapre la trasmissione, semmai si estrae dal cilindro qualche altro motivo per scagliarsi contro la comica: la sua non sarà diffamazione ma non è neanche satira. Satira, per queste illustre menti, sarà quella di Antonio Ricci che ammicca benevolmente al priapico padrone, o meglio ancora la "satira di centro-destra" che Luca e Paolo hanno senza vergogna esibito a Sanremo qualche edizione fa, come se ce ne fosse un gran bisogno. Epurata la televisione dalle voci sgradevoli rimane soltanto il coro belante a cui "Il terzo segreto di satira" dedicava, dal più dimesso e casalingo palco di Youtube, uno dei primi video:

«Questa è satira che piace a me,
piace molto al centro-destra,
fa felice pure il re.»